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Giugno 8, 2021

Prima o poi capita a tutti genitori di ritrovarsi alla prese con la cosiddetta fase di “egocentrismo infantile”, un momento della crescita caratterizzato da un forte senso di possesso verso gli oggetti materiali, che viene espresso in litigi e pianti, ad esempio per accaparrarsi un gioco o l’attenzione dei genitori, e dalla famosa frase “è mio!”

Comportamenti spesso fraintesi e confusi con l’egoismo, ma che in realtà appartengono a un processo di crescita importante e del tutto fisiologico.

A partire dai 18 mesi di età, il bambino compie un incredibile passo in avanti per quanto riguarda la maturazione delle abilità cognitive e la costruzione della personalità. Impara a relazionarsi col mondo, inizia a dire le prime parole, ma non è ancora capace di comprendere che esiste una distinzione tra sé e gli altri: la sua esperienza e le sue scoperte sono strettamente personali e incentrate sull’appagamento dei suoi bisogni.

Solo costruendo la propria identità il bambino potrà, in un secondo momento, comprendere che esistono altre vedute oltre la sue.

Quindi, se anche il tuo piccolo è in questa fase, sappi che il suo egocentrismo è funzionale e che il suo essere individualista lo guiderà positivamente alla scoperta di se stesso. 

La possessività nei bambini 

A partire dai 18 mesi il bambino inizia gradualmente a scoprire che esiste un confine tra se stesso, il mondo e gli altri. Questo processo è noto come “identificazione del sé“: il piccolo inizia a concepirsi come un essere a se stante, separato dai propri genitori e con una propria capacità di pensiero.

Qui subentra l’egocentrismo infantile: la sua visione del mondo è accentratrice, il suo ruolo rispetto agli altri è predominante.

Egocentrismo infantile

Tutto questo si manifesta con un’ostinata disobbedienza, con i molti “no” “io” e “mio” tanto temuti dai genitori, fase anche soprannominata “I terribili due anni” ma che rappresentano per i piccoli degli strumenti per affermare la propria volontà.

Attraverso la parola “mio” i piccoli combattono per guadagnarsi il loro posto nel mondo. 

Come aiutare il piccolo a superare al meglio la fase dell’egocentrismo infantile

Se è vero che nell’egocentrismo infantile si esplica una fase di maturazione cognitiva e personale importante, non dobbiamo però dimenticarci dell’importanza di guidare il bambino verso l’apprendimento di capacità empatiche, di cooperazione e di unione.

La fase possessiva nel bambino può durare diversi anni, in genere fino alla scuola dell’infanzia post nido (qui scopri l’età giusta per il nido), ma non deve mettere in difficoltà i genitori.

Il tuo ruolo è quello di educare gradualmente il piccolo a gestire al meglio i propri bisogni e desideri all’interno di un contesto di socializzazione, di imparare a riconoscere e gestire le proprie emozioni, questo non significa riconoscerle e ignorarle!

In questa fase, il bambino si trova a fare i conti con alcune piccole ma importanti difficoltà, tra queste c’è proprio dalla condivisione dei giocattoli preferiti, oggetti con i quali i bambini tendono a identificarsi.

Al nido e alla scuola dell’infanzia i bambini imparano a rapportarsi con i coetanei, a scontrarsi con le esigenze degli altri e a fare i conti con il proprio egocentrismo. Tra un litigio e l’altro, per un giocattolo strappato dalle mani, i piccoli sperimentano come risolvere ed evitare i conflitti, come gestire il senso di frustrazione e cosa significa attendere il proprio turno.

Questi comportamenti sono spesso fonti di liti tra fratelli e sorelle per la contesa degli spazi, dei giochi, ma anche degli adulti.

In pratica, scoprono che giocare insieme è possibile, ed anche molto più divertente!

Anche a patto di dover rinunciare a qualcosa o di cedere un gioco. Lo sbaglio più grande che si possa commettere in questa fase di incontro e scontro è quello di intervenire.

Di norma queste situazioni non richiedono l’intervento attivo di un adulto. È molto più utile, invece, lasciare che il bambino sperimenti da solo, aiutandolo a comprendere cosa è realmente suo e cosa no.

I figli unici possono avere più difficoltà a condividere, poiché abituati a credere che tutto ció che li circonda gli appartenga. In questi casi è importante cercare di organizzare più incontri possibili con altri bambini: all’inizio i contrasti e i pianti potrebbero essere frequenti, ma con un po’ di pazienza da parte dei genitori, supporto e empatia, il bambino capirà cosa significa condividere.

Se si invitano gli amici a casa, un piccolo trucchetto per far sentire a proprio agio il bambino è quello di mettere momentaneamente da parte, scegliendoli insieme, i giochi a cui è più affezionato. Rassicurandolo che in tal modo nessuno potrà toccarli o romperli, ma facendogli presente che gli altri giochi possono essere utilizzati da tutti.

Egocentrismo infantile e condivisione

L’egocentrismo è innato nei bambini, ma in totale assenza di regole e limiti può diventare un problema. Per questo nella maggior parte delle scuole i bambini non possono portare giocattoli da casa, ma devono imparare a condividere e a utilizzare quelli messi a disposizione per tutti dalla struttura. Questa semplice regola aiuta i piccoli “egocentrici” ad affrontare più serenamente il rapporto con i propri coetanei, all’interno di un ambiente diverso e più strutturato di quello familiare.

Al contrario, pretendere che un bambino di soli 2 anni possa condividere ben volentieri il proprio giocattolo, a quest’età, risulta essere un comportamento davvero difficile da mettere in atto.

La condivisione non deve mai essere un atto forzato, ma un’azione spontanea, che subentra solo con la crescita, quando, verso i 5-6 anni, i piccoli iniziano a interagire attivamente con i propri pari, ad esempio regalando un proprio gioco a un compagno oppure partecipando attivamente, tramite il proprio lavoro, alle attività scolastiche di gruppo.

Il bambino, dunque, non deve mai essere rimproverato o ancor peggio obbligato a condividere, ma incoraggiato, tramite il buon esempio, a seguire il corretto atteggiamento.
I rimproveri altisonanti e le “ramazine” sull’egoismo non sortirebbero alcun effetto sul bambino, se non quello di acuire il suo senso di smarrimento e di frustrazione.
In poche parole, un comportamento positivo del genitore sarà facilmente imitato dal bambino.
I bambini imparano molto più velocemente attraverso l’esempio concreto, più che con le parole.

Per questo, all’interno dell’ambito familiare è consigliabile coinvolgere anche i bambini molto piccoli nelle normali attività quotidiane, ad esempio aiutando mamma e papà a sparecchiare oppure a riordinare i giochi. Si possono anche organizzare attività di gruppo, ad esempio colorando tutti insieme su un unico grande cartoncino, scambiandosi le matite.

Sentendosi utile il bambino comprenderà il vero significato della cooperazione e quali sono i bisogni dell’altro.

L’importanza di instaurare un buon dialogo positivo con il proprio bambino e strutturare una quotidianità in equilibrio tra libertà e regole, autonomia e supporto, sono le basi per una famiglia rispettosa e equilibrata.

Per fare tutto questo è importante che tutti i membri della famiglia siano coerenti e rispettosi l’ulto dell’altro.
Abbiamo realizzato una guida per darti un supporto pratico nella gestione dell’equilibrio della tua famiglia. Il percorso di chiama Genitore Fuoriclasse, sono tantissime le famiglie che hanno deciso di mettere “ordine” e tranquillità nella propria famiglia seguendo il nostro corso!

Dott.ssa Claudia Denti

Laureata in Scienze dell’Educazione, si occupa di aiutare i genitori a crescere bambini sani e felici secondo principi validati dalla comunità scientifica.
Fondatrice di Genitore Informato e ideatrice del metodo Sonno Felice - certificata Sonno Sicuro e Primo Soccorso Pediatrico - supporta i genitori nel loro viaggio dal 2014.

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