In una società che si batte per l’uguaglianza e il rispetto reciproco, il fenomeno del femminicidio rappresenta una delle più gravi e violente manifestazioni di disparità di genere. Siccome sempre più spesso quest’orrore si manifesta in persone giovani, pensiamo sia ora di intervenire, spiegando cose che sembrano ovvie, ma che ovvie non sono.
Che cos’è il femminicidio in poche parole?
Il termine femminicidio descrive l’omicidio di una donna proprio in quanto donna. Al di là di una definizione cruda e legale, il femminicidio rappresenta l’apice della violenza di genere, un atto finale e irreversibile che si colloca all’estremo di un continuum di abusi che possono includere violenza psicologica, fisica, sessuale ed economica. Questo fenomeno è radicato in maniera particolare in culture patriarcali che vedono la donna come “proprietà” o “sottoinsieme” dell’uomo, un oggetto di controllo e dominio.
Nel contesto italiano, il femminicidio è stato riconosciuto come una specifica aggravante del delitto di omicidio con la Legge n. 119/2013, meglio nota come la “Legge sul femminicidio”. Essa prevede pene più severe per gli omicidi commessi contro le donne in un contesto di violenza domestica o di genere. Per ora, non sembra abbia fatto granché per arginare il fenomeno… perché ovviamente è un problema culturale e di educazione.
Come si dice femminicidio al maschile?
Spesso si chiede quale sia l’equivalente maschile del termine femminicidio. Sebbene il fenomeno del femminicidio abbia caratteristiche peculiari legate al genere, quando un uomo è vittima di omicidio per motivi analoghi legati al suo genere, il termine usato potrebbe essere “androcidio”. Tuttavia, questo concetto è meno diffuso e non ha la stessa rilevanza sociale e statistica del femminicidio, proprio perché le donne sono storicamente più soggette a violenze di genere. Parliamo di una dominanza sconcertante: 9 su 10 omicidi di genere sono subiti da donne.
Quali sono le cause del femminicidio?
Le radici del femminicidio sono profonde e complesse. Tra le principali cause vi sono la persistenza di atteggiamenti e pregiudizi sessisti nella società, che perpetuano l’idea di una superiorità maschile e di un diritto di possesso o controllo sull’altra persona. La gelosia patologica, il senso di proprietà sull’altra persona, la paura del rifiuto o dell’abbandono sono alcune delle motivazioni psicologiche che possono scatenare l’aggressore.
Inoltre, vi sono aspetti socio-economici e culturali che contribuiscono alla violenza di genere, quali la disoccupazione, l’abuso di alcol o droghe, l’educazione ricevuta e l’esposizione a modelli di comportamento violenti. Ma è importante sottolineare che nessuna di queste cause può giustificare un atto di femminicidio; infatti, sono soltanto fattori che possono aumentare il rischio di tali eventi tragici.
Naturalmente, non possiamo ignorare il buco enorme che c’è nell’educazione sia familiare – raramente autorevole, molto spesso autoritaria, casuale o lassista – che scolastica. È inutile ignorare che la scuola ha perso da tempo il suo potere educativo, con insegnanti lasciati allo sbando, senza mezzi, con un sistema antiquato e inutile in una società veloce e caotica come la nostra.
Quanti tipi di femminicidio esistono?
Il femminicidio può essere distinto in diverse tipologie, a seconda delle circostanze e della relazione tra vittima e aggressore. Il femminicidio “intimo” è quello commesso da un partner o ex-partner e rappresenta la maggioranza dei casi. Poi ci sono i femminicidi “familiari”, dove l’omicida è un altro membro della famiglia, e quelli “conoscitivi”, perpetrati da individui che la vittima conosceva. Esistono anche i femminicidi “non-intimi”, dove l’aggressore non ha alcun legame pregresso con la vittima, e si tratta spesso di atti di violenza sessuale che sfociano nell’omicidio.
Le statistiche mostrano che il femminicidio intimo è il più comune, evidenziando la pericolosità degli ambienti domestici per le donne in presenza di relazioni abusive. Ogni tipologia di femminicidio è un sintomo di una società che necessita di un cambiamento radicale a livello culturale e legislativo.
Qual è la regione italiana con più femminicidi?
In Italia, la distribuzione geografica del femminicidio non è omogenea. Secondo i dati dell’EURES (Eurostat), tradizionalmente le regioni del sud Italia hanno registrato un numero maggiore di femminicidi rispetto al nord, tuttavia, i dati possono variare di anno in anno. Si sottolinea anche che il tasso di femminicidio non è necessariamente correlato al tasso di criminalità generale di una regione, ma piuttosto a dinamiche culturali e sociali complesse che vanno indagate e comprese nel contesto specifico.
Va anche detto che bisogna vedere i numeri assoluti o relativi: se per esempio una regione è molto più popolosa di un’altra è ovvio che avrà numeri più alti, che però non sono gli stessi proporzionati alla popolazione. Per esempio, negli ultimi anni il numero assoluto di femminicidi era più alto in Lombardia, ma la Calabria ha di gran lunga il maggior numero di femminicidi rapportato alla popolazione.

Perché in Italia ci sono tanti femminicidi?
Cominciamo con il dire che in realtà, anche se non lo percepiamo, il trend è discendente da diversi anni: ovvero ci sono molti meno omicidi e di conseguenza molti meno femminicidi.
Se questa è una buona notizia, in realtà ogni vittima è una vittima di troppo.
L’unico numero accettabile, in una società civile, è zero.
Il numero di femminicidi in Italia è sempre e comunque allarmante e riflette una problematica culturale. I fattori sono molteplici e includono il persistere di stereotipi di genere, la mancanza di effettive politiche di prevenzione e protezione delle vittime, e difficoltà nell’applicazione delle leggi esistenti. La mancanza di sensibilizzazione e formazione adeguata tra le forze dell’ordine e gli operatori giudiziari può contribuire a un mancato riconoscimento e intervento tempestivo nei confronti della violenza di genere.
Soprattutto, la mancanza di un’adeguata educazione e formazione al rispetto delle altre persone, all’empatia, all’emozionalità e alla gestione delle relazioni – sia a casa che a scuola – porta nella società ragazzi alienati che non comprendono il valore della propria vita e di quella delle altre persone e, alla prima seria difficoltà, vanno completamente fuori controllo e non comprendono le conseguenze delle proprie azioni.
Il femminicidio si previene con l’educazione.
L’educazione è fondamentale nella prevenzione del femminicidio. Un cambiamento può essere innescato attraverso l’educazione alle pari opportunità e il rispetto sin dall’infanzia. Le scuole, le famiglie e i media hanno il compito di promuovere una cultura che rifiuti ogni forma di violenza e stereotipo di genere. Formazione specifica e sensibilizzazione sono essenziali per riconoscere i segnali di pericolo e prevenire la violenza prima che culmini in tragedia.
Gli interventi educativi devono mirare a costruire relazioni basate sul rispetto reciproco e sull’uguaglianza, nonché ad offrire strumenti per la gestione positiva dei conflitti. Inoltre, è importante che le vittime di violenza siano informate sui loro diritti e sui servizi di supporto disponibili.
Fino a quando non porteremo un’adeguata educazione ai genitori (per cui ci battiamo ogni giorno, dovendo affrontare ogni tipo di aberrazione, metodi della nonna e ignoranza di livello pro) e ai ragazzi (in una scuola adeguata ai tempi correnti), questo problema non si risolverà e avremo le prossime generazioni completamente prive di mezzi per affrontare un mondo che è infinitamente più complesso di quello che avevamo anche solo nel secolo scorso.
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Fonti
https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/omicidi-di-donne